La macchina per scrivere (o macchina da scrivere) è uno strumento dotato di tastiera collegata a vari dispositivi meccanici, elettrici e/o elettronici, che permettono di ottenere su un supporto, generalmente un foglio di carta, l'impressione di caratteri (lettere, numeri, segni ortografici, segni di punteggiatura, simboli vari) simili a quelli della stampa tipografica.
Oggi rimpiazzata quasi completamente dai personal computer che contengono installati uno o più programmi di videoscrittura, la macchina per scrivere, nata sul finire del XIX secolo, è stata uno dei primi dispositivi di largo utilizzo per la rapida redazione di documenti in formati standardizzati.
Il suo utilizzo fece nascere una nuova professione, inizialmente riservata alle donne: la dattilografia.
Sono diversi gli inventori ai quali la macchina da scrivere viene attribuita, spesso di diversa nazionalità. È anche possibile che varie persone abbiano lavorato contemporaneamente ad idee simili senza necessariamente essere a conoscenza l'uno del lavoro dell'altro. In Italia si ha notizia di una macchina da scrivere funzionante nei primi anni del XIX secolo.
Una macchina per scrivere fu inventata dall'avvocato novarese Giuseppe Ravizza nel 1846 con scopi umanitari poiché Ravizza volle far sì che anche i ciechi potessero scrivere con l'utilizzo di questa macchina, brevettata come cembalo scrivano nel 1855. Un'altra persona a cui è stata attribuita l'invenzione della macchina da scrivere è Peter Mitterhofer, nativo di Parcines.
L'importanza degli standard di posizionamento dei tasti (per esempio: QWERTY, QWERTZ, QZERTY, AZERTY, C'HWERTY), per dattilografare a memoria, ossia senza doversi sforzare spesso per distinguere i tasti, e in secondo luogo per facilitare l'alternarsi ergonomico di mano destra e mano sinistra, è da allora sempre stata fondamentale, e tale rimane.
Nei primi modelli meccanici ed elettro-meccanici era presente una tastiera i cui tasti di scrittura premuti azionavano il corrispondente martelletto in grado di trasferire l'inchiostro da un nastro alla superficie della carta. A questo seguiva immediatamente l'avanzamento di uno scatto del carrello sul quale stava il foglio di carta che veniva così posizionato in modo corretto per la stampa del carattere successivo. Era inoltre comune l'utilizzo della carta carbone che consentiva di ottenere più copie conformi all'originale con una sola operazione di battitura.
Gli accessori di uso più frequente erano la "gomma" (a forma di sottile dischetto, per rimuovere con precisione l'errore), e il "bianchetto" (per coprire gli errori, e, dopo una rapida asciugatura, poter battere il carattere opportuno). Successivamente nacquero le macchine elettroniche con elemento unico di scrittura (inizialmente a sfera, detta anche pallina o testina, ed in seguito a margherita), tasti con modalità sbianca-errori e display. Ciò permetteva di variare il carattere, sostituendo la sfera o la margherita, di applicare uniformemente la pressione e l'intensità dell'inchiostro, e di correggere gli eventuali errori di battitura dopo o prima della stampa.
La prima macchina da scrivere elettrica venne prodotta nel 1901.
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