Il "Dizionario delle canzoni italiane" di Dario Salvatori, firma storica del giornalismo musicale italiano, presenta in poco più di 500 pagine 1500 canzoni che hanno fatto la storia, grande o piccola della canzonetta.
Un'allegra operazione nostalgica, come quelle compiute con la riedizione delle figurine Panini dei calciatori. Alcune canzoni vengono solo accennate, altre proposte con dovizia di dati e con alcune curiosità.
"Il compito di un dizionario delle canzoni– scrive Salvatori – è quello di censirle" e non di recensirle, sottintende. E poi, più avanti, descrivendo il suo lavoro: "Un rapporto certosino e un po' maniacale che però non ha compromesso il gioco, il divertimento, quel versante ludico e quella sonorizzazione quotidiana ad ampio raggio che le canzoni continuano a ricoprire. La speranza è quella di estendere tutto ciò al lettore". Speranza esaudita.
1500 canzoni sono tante, ma si può sempre giocare al gioco dell'esclusa. Come mai non c'è "Una carezza in un pugno" di Celentano o "Celeste" di Gian Pieretti? E perché di Claudio Lolli c'è solo "Piazza bella piazza? Questioni di scelte, di preferenze, di memoria e (perché no?) di cantabilità.

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